sabato 21 novembre 2009

IL MESTIERE DELL’AUDITOR
Art.04 – Dal sistema di gestione alla squadra vincente attraverso le bussole di riferimento
Ho conosciuto l’Istituto Tecnico Luosi quando ho ricevuto l’incarico da parte di CSI CERT (ente di certificazione con il quale collaboro ormai costantemente dall’inizio della mia attività di auditor) di effettuare l’audit preliminare; è strano ma veramente casuale il fatto che le prime due esperienze che ho deciso di proporre riguardano proprio organizzazioni che hanno richiesto un audit preliminare).
Il contesto dell’organizzazione è particolare; si tratta di tre tipologie di scuole superiori riunite sotto un'unica direzione:
- ITC Istituto Tecnico Commerciale presente sul territorio di Mirandola dal 1962
- IPSSTC Istituito nel 1960, Istituto di Indirizzo Professionale (triennio più biennio post-qualifica)
- Liceo Classico, nato nel 1929 e ubicato in un antico convento di notevole interesse storico
Il gruppo di istituti conta ad oggi circa un migliaio di studenti suddivisi in 45 classi.
L’audit preliminare fu richiesto nel 2006 proprio con il fine di capire le modalità dell’iter certificativo in una realtà complessa e articolata come un gruppo di istituti scolastici pubblici.
La volontà di arrivare ad avere il certificato ISO 9001 fu, da parte della Dirigente Scolastica, il fulcro dell’audit preliminare; avevano avuto anzitempo un approccio con una società di consulenza che volutamente non aveva ritenuto opportuno presenziare all’audit e che comunque aveva dato una buona impronta iniziale al sistema.
Certamente il merito più grande va allocato alla volontà della Dirigente scolastica e alla Funzione Strumentale Qualità coordinata dalla Responsabile della Qualità. Infatti, anche a seguito dell’audit preliminare, il lavoro del gruppo fu veramente encomiabile e dopo l’audit iniziale che si rivelò positivo con l’emissione del certificato, vide nel primo triennio un susseguirsi di costruttivi confronti che, secondo il mio parere, hanno giovato positivamente a tutta l’organizzazione, considerando quali e quante difficoltà sussistono in realtà di tale genere, oltretutto divise su tre diverse tipologie di istituti.
Alla seconda sorveglianza del primo triennio di certificazione vi fu un primo cambiamento importante nella figura della Dirigente Scolastica; in un’altra esperienza di certificazione che probabilmente sarà oggetto di un successivo articolo, tale cambio è stato eclatante, in negativo purtroppo (ndr: abbandono della certificazione).
Devo invece dire che l’avvento della nuova Dirigente Scolastica è stato molto cauto ed allo steso tempo molto intelligente; ella ha mantenuto gli impegni triennali contrattualmente previsti dall’iter certificativo, ma ha subordinato a tutto il corpo docente la scelta, condivisione e coinvolgimento per il proseguimento di un altro triennio (rinnovo della certificazione).
Tale avvenimento, maturato nell’Anno Scolastico 2008/2009, ha portato anche all’avvicendamento della Responsabile Qualità e del suo gruppo di lavoro. La nuova figura, altrettanto motivata e consapevole del potenziale miglioramento attraverso una corretta applicazione delle UNI EN ISO 9001, ha ulteriormente e positivamente inciso nel sistema di gestione, sebbene esso fosse già di buon livello. Sicuramente nell’audit di rinnovo si è constatata “aria nuova” una ferma volontà di coinvolgimento e di creazione di una “squadra”; di buonissima fattura si è rivelato il Riesame della Direzione e il richiamo costante e la considerazione degli stakeholders, i valori e la mission della scuola, oltretutto supportato da un bellissimo lavoro scaturito da un master di alta formazione dei dirigenti scolastici al quale ha partecipato la Dirigente Scolastica.
Cito alcuni passaggi stralciati dal lavoro della Dirigente, Prof.ssa Maria Cristina Mignatti:
“In un contesto di paese alquanto decentrato dal capoluogo di provincia il controllo sociale sulla scuola è forte ed esigente.
Ci sono gli Enti Locali, le Associazioni, di Categoria, la Confindustria, l’ASL, le Forze dell’Ordine, le Associazioni di Volontariato, con in quali si collabora da tempo a diversi livelli portando avanti specifici progetti educativi: alcuni di questi rappresentano punte di eccellenza e di importante restituzione al territorio.
Rimane inoltre sempre aperta la disponibilità a creare con loro reti ed alleanze strategiche, che, in un momento di crisi economica come l’attuale, significa mettere insieme idee, energie e risorse per migliorare la formazione dei giovani, favorendo così il realizzarsi del bene comune di una realtà locale.
Rimangono infine i nostri interlocutori principali, i fruitori del servizio, e cioè i genitori. Con loro c’è un rapporto prioritario di ascolto perché la scuola si pone innanzi tutto al loro servizio, consapevole di svolgere un ruolo di coeducazione nei confronti dei loro figli, a noi affidati.
A volte ci si trova davanti genitori che chiedono in modo insistente e pretendono di avere ragione nel difendere i loro figli, il che spesso denota una sostanziale incapacità a saperli educare al sacrificio e alla fatica dello studio e dell’impegno. Nel rispetto dei reciproci ruoli, la scuola non può cedere su questo, ma deve allo stesso tempo darne le ragioni, quelle di fare crescere e maturare degli adolescenti sempre più fragili e insicuri. In altre parole si tratta di accompagnare i giovani nel difficile percorso del loro diventare adulti consapevoli dei loro diritti e doveri in un mondo sempre più complesso ed in continuo cambiamento. Ma per fare ciò è necessario tenere sempre aperto il canale di comunicazione con la famiglia per coinvolgerla a questo livello educativo, lavorando anche per costruire momenti collegiali di confronto su queste tematiche.
Da qui si evincono i valori su cui fondare la “Governance” di istituto. Essi riguardano appunto l’aspetto fondamentale dell’educazione che passa in primis attraverso l’insegnamento delle discipline come porta aperta sulla realtà tutta, che va esplorata ed analizzata sviluppando il discernimento e il senso critico di ciascun ragazzo. E tale ricerca non può che partire dalla riscoperta della tradizione perché è solo sapendo da dove si viene che è possibile prendere una direzione tesa al futuro. Da ultimo il valore dello star bene a scuola, che significa trovare nel contesto le necessarie condizioni di serenità per portare avanti questa esplorazione, il vero ed unico importante lavoro di una comunità di apprendimento. Curiosità, onestà intellettuale ed umiltà insieme alla tenacia ed alla fatica della ricerca fanno dello studio già un’importante occasione in cui mettere in pratica gli stessi valori che caratterizzano il lavoro di domani del giovane adulto.
A questo punto allora entrano in campo le considerazioni riguardanti la Mission e la Vision della scuola.
Mentre la Mission rimanda naturalmente al mandato della scuola stessa e quindi risponde alla domanda perché la scuola esiste, la Vision risponde alla domanda che futuro si prospetta per quella specifica scuola all’interno di tale mandato istituzionale. In concreto la scuola esiste per educare e formare i giovani di oggi a divenire degli adulti, e quindi i cittadini, di domani attraverso la crescita della conoscenza di sé e del mondo. E questo avviene attraverso l’apprendimento consapevole, e perciò critico e responsabile delle discipline insegnate, che diventano curricoli ed indirizzi in percorsi differenziati. Una responsabilità educativa dunque molto forte, specie se si considera che poche agenzie formative oggi hanno questa “pretesa globale” riguardo allo sviluppo del giovane studente, resa però spesso necessaria a causa di un vacatio educandi da parte della famiglia. Soggetti capaci di sviluppare senso critico e quindi motivati a ricercare sempre il significato per sé di ciò che si apprende per arrivare a competenze spendibili nella propria vita: questo è quanto spetta fare alla scuola. Ma tutto ciò grazie ad una qualità ed efficacia dell’insegnamento che, solo, può favorire tale maturazione.
Questo premesso, e certamente da tutti condiviso, rimane l’aspetto della vision, cioè quello sguardo di prospettiva proiettato nel futuro che in ultima analisi risponde alla domanda: “ Ma tu dirigente cosa ti immagini, o meglio quale possibilità di sviluppo ideale intravedi per la tua scuola?” o ancora “Partendo dai dati concreti, più sopra elencati, quali possono essere le prospettive future nello scenario “globale”? Se è vero che la vision deve essere significativa, attraente, sfidante, ambiziosa, ma non astratta, e facilmente comunicata, quale scenario si può delineare per la scuola da me diretta?
Definire la vision e condividerla è importante perché dà a tutti il senso del dove andare, motiva certe decisioni strategiche, specie quando sorgono problemi o opportunità in contrasto tra di loro. Dunque la mission e la vision sono due elementi complementari alla base di qualsiasi politica scolastica come pure di ogni azione che la scuola mette in campo. Se un’attività è in linea con la mission e aiuta la realizzazione della vision va mantenuta, anzi incrementata; in caso contrario essa va eliminata. A questo punto però è necessario creare all’interno della scuola una cultura condivisa che promuova la valorizzazione della mission nonché della vision d’istituto, perché solo se ciò avviene si potrà lavorare per escogitare strategie e percorsi che favoriscano la loro realizzazione. Di qui l’utilità delle mappe strategiche, vere e proprie bussole di riferimento, che a partire da diversi obiettivi e prospettive visivamente rappresentate nelle loro interrelazioni, costituiscono il punto nevralgico di ogni pianificazione programmatica. In altri termini si tratta di modellizzare un percorso in cui si evidenziano attori, risorse e competenze in gioco, in modo da poterle comunicare e condividere. “Le mappe strategiche rappresentano una risposta sul piano manageriale ai limiti della scuola come “anarchia organizzativa” e “organizzazione dai legami deboli”” (Weick, 1976). O ancora “Le degenerazioni verso l’individualismo, la difficoltà di coordinamento, l’assenza di direzione strategica, la dispersione di risorse e di energia creativa, sono anomalie di funzionamento della scuola dell’autonomia e impediscono alle scuole di essere socialmente responsabili” (Shedd e Bacharach, 1991). E’ un po’ l’eterno dilemma tra il dire e il fare che si vuole superare, tra il dichiarato e l’agito, la “conversione degli intangibili” (Paletta), che significa dimostrare come risorse intangibili quali la leadership, il clima organizzativo, il lavoro di squadra, le competenze del personale ed il supporto delle famiglie possono concretamente declinarsi in percorsi operativi concreti tali quindi da realizzare una determinata strategia.”

Alla luce delle precedenti considerazioni ecco, in sintesi, la mappa strategica (VISION):
- POLO CULTURALE DEL TERRITORIO
- SCUOLA DI TUTTI, SCUOLA DI CIASCUNO
- SCUOLA COME COMUNITA’ DI APPRENDIMENTO
Ancora dal lavoro della Dirigente Scolastica:
“Se quindi tale è la vision di istituto non resta che prenderne un aspetto e declinarlo come obiettivo strategico un una mappa, vera e propria bussola che permette di mantenere la rotta nella direzione voluta. Questa poi sarà accompagnata da una balanced scorecard: essa non è altro che uno strumento di misurazione il quale affiancherà, ad ogni indicatore di performance, un suo indicatore di misurazione per permettere di monitorare i risultati ottenuti in un’ottica sistematica di miglioramento continuo.
Pertanto si è optato per approfondire l’aspetto della scuola come comunità di apprendimento, perché si è consapevoli che è dalla professionalità docente a tutto campo che è possibile fare vera qualità nella scuola. Si tratterà in ultima analisi di fare dell’istituto un contesto di learning organization, che per svilupparsi avrà bisogno di una forte diffusione di leadership intermedia. Essa cresce nella pratica del lavoro di gruppo e a sua volta favorisce in ciascun docente un buon grado di empowerment proveniente dal confronto professionale tra pari.”


CHE COSA CI HA INSEGNATO QUESTO AUDIT - COSA ABBIAMO IMPARATO
Penso che il contenuto di questa esperienza sia palesemente evidente; non ho assolutamente nulla da aggiungere. Un programma di miglioramento, o meglio Vision come più volte rimarcato dalla Dirigente Scolastica, che difficilmente ho trovato in altre organizzazioni. Esperienza ancora più bella e direi emozionante perché raccolta in una realtà notoriamente complessa e difficile da gestire, solo facendo riferimento all’implementazione di un sistema di gestione qualità.
La curiosità insita nelle caratteristiche dell’auditor è tale per cui vorrei che fosse domani il momento di eseguire il primo audit di sorveglianza per vedere lo stato dell’arte dell’organizzazione e del suo sistema di gestione a fronte di tale livello di programma di miglioramento.

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